2015
Thomas Casadei (a cura di),
Diritti umani e soggetti vulnerabili. Violazioni, trasformazioni, aporie,
Giappichelli, Torino, 2012, pp. 291.
Recensione di Stefano Bianchini (Università di Bologna)
Il volume raccoglie 14 saggi critici di vari autori
e autrici – dal taglio prevalentemente giuridico, sociologico e
filosofico –, con un fuoco specifico sulle difficoltà di affermazione
dei diritti umani in contesti segnati da marginalità sociale e
vulnerabilità. Curato da Thomas Casadei, esso si presenta articolato in
due parti distinte, ma fra loro strettamente connesse, la prima
dedicata al quadro teorico di riferimento e la seconda ad un ampio
ventaglio di casi specifici di vulnerabilità e violazione dei diritti.
L’elaborazione dei contenuti, come informa Gianfrancesco Zanetti nella
sua Prefazione, è maturata grazie ad una lunga “gestazione”,
favorita da seminari universitari e da intensi dibattiti promossi dal
LABdi (ossia il “Laboratorio su forme di discriminazione, istituzioni e
azioni positive”) presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Ateneo di
Modena e Reggio Emilia.
Grazie a tale background di elaborazione
collegiale, l’opera si presenta compatta sotto il profilo dei contenuti
e non già come una mera antologia di scritti, come talvolta accade con
i volumi collettanei. Utile strumento di approfondimento e riflessione
a più voci, essa fornisce al lettore contributi stimolanti, in grado di
allargare la platea tematica delle conoscenze e delle sensibilità
rispetto alla vexata quaestio del rapporto fra universalismo
dei diritti e contesti culturali locali. Affrontata per l’appunto nella
prima parte del libro, questa viene considerata alla luce delle
difficoltà che emergono nel processo di riconoscimento delle
differenze, delle molteplicità e della complessità del sociale. Il peso
esercitato dal relativismo, prodotto dalla diversità di approcci nel
rispettare la dignità umana, viene altresì affrontato sia sotto il
profilo geopolitico e degli interessi di potenza, sia sotto quello più
specificatamente culturale, perché condizionato da relazioni
gerarchiche di potere, da stereotipi e da pigrizie mentali; a queste,
poi, si assommano varie forme di discriminazione che, a loro volta,
affondano le proprie radici nella violenza, nello sfruttamento
economico e/o sessuale, nonché nelle politiche di esclusione a danno
delle categorie vulnerabili.
Grazie a tale impostazione di ampio respiro, il
lettore può cogliere in tutta la sua intensità anche la dimensione
profondamente politica dei temi trattati, giacché – al di là delle
dominanti riflessioni giuridiche e filosofiche contenute nei saggi – è
poi la politica, nella sua accezione più vasta, a determinare e
condizionare normative, agende nazionali ed internazionali, nonché – in
buona misura – ad influire sui comportamenti sociali e di genere, così
come a stabilire le misure di esclusione di vari gruppi sociali, dai
disabili ai soggetti migranti, dai bambini alle donne, ad interi gruppi
etnici.
Dopo l’Introduzione di Casadei che si
sofferma sugli obiettivi generali del lavoro e sul processo di
“allargamento del ventaglio dei diritti umani” (o specificazione
dei diritti, secondo la terminologia tecnica adottata dal
curatore), il volume si apre con un saggio di Silvia Vida che affronta
il controverso nodo della natura “occidentale” dei diritti umani a
partire dal pensiero di Jeanne Hersch per evidenziare come esista uno
stretto legame tra l’esigenza generale del venir riconosciuti “esseri
umani”, con ciò affermando la libertà per tutti, e l’ammissione che non
tutte le culture sono disponibili ad accettare e fare proprio il
concetto di “diritti umani”. Sulla scia di tali considerazioni, Luca
Baccelli entra nel merito del rapporto fra culture indigene e popoli
colonizzatori, focalizzandosi in particolare sull’America latina e
ricostruendo, attraverso un ampio excursus storico a partire
dall’influenza esercitata da Bartolomeo de las Casas e di Francisco de
Vitoria, la controversia sulla superiorità culturale dei conquistatori
spagnoli e sull’imposizione religiosa, per giungere poi al successivo,
e ambivalente dibattito su diritto dei popoli e universalismo dei
diritti definiti “fondamentali”: un dibattito, questo, che ripropone
antichi paradigmi e ben note modalità di esclusione e di
giustificazione della violenza.
Ad accrescere poi i dubbi sull’efficacia
universalistica dei diritti contribuisce il successivo saggio di
Francescomaria Tedesco allorché si sofferma sull’impatto del
relativismo e sulla ricerca – ben viva al di fuori del Vecchio
Continente – di valori “alternativi” all’Occidente quali quelli
asiatici (i cosiddetti Asian Values), chiedendosi se essi non
siano piuttosto un modo per perpetuare oppressione o se, invece, esista
effettivamente una precisa gerarchia dei diritti. Il tema si estende
invero alla legittimità delle “guerre umanitarie” (su cui ragiona
Isabel Trujillo), come quella condotta dalla NATO con i bombardamenti
contro Serbia e Montenegro per il Kosovo nel 1999, per poi coinvolgere
il rapporto fra dignità umana e diritto soprattutto quando questo
coinvolge vittime innocenti e criminali, ad esempio in casi di
rapimento o preparazione di attentati terroristici, dove la
giurisprudenza spesso non fa chiare distinzioni (come osserva Francesco
Belvisi). A conclusione di questa prima parte del libro, interviene il
curatore stesso con un saggio molto interessante e di critica alle
teorie minimaliste sui diritti umani (in ispecie quelle elaborate da
Michael Ignatieff) per affermare piuttosto la necessità di muovere
“dalla pluralità dei contesti, delle culture, delle religioni e degli
stili di vita”, in altre parole dalla complessità del sociale, evitando
semplificazioni che in realtà finiscono con alimentare pregiudizi e
consolidare disuguaglianze. In questo senso Casadei mette in evidenza
l’inadeguatezza dei sistemi giuridici a protezione dei diritti delle
persone vulnerabili e sollecita un ripensamento in grado di muovere
proprio “dal basso”, ossia da una visione antidiscriminatoria del
diritto capace di affrontare il nodo dell’autodeterminazione di tutti
i soggetti, spianando la strada così ad una espansione dei diritti che
trova le sue principali ispirazioni nel femminismo giuridico, nella Critical
Race Theory, nei Disability Studies, nonché in alcune
suggestioni di Stefano Rodotà.
Con questo saggio il lettore viene, di fatto,
introdotto alla seconda parte del volume, dove sono raccolti alcuni
casi-studio ricchi di analisi specifiche dedicate in particolare a
donne, persone con disabilità, bambini e soggetti migranti. Orsetta
Giolo fornisce una disanima dettagliata e molto severa su un
patriarcato in crisi, ma ancora ben radicato e vitale, e ne denuncia
l’influenza su comportamenti sociali intollerabili quali la tratta di
esseri umani (ai fini della prostituzione) e il femminicidio (come
forma di “pena di morte di genere”). Giampiero Griffo si sofferma sulle
condizioni di mancata pari opportunità per le persone con disabilità,
da superare – così egli sostiene – attraverso un percorso di inclusione
cui ricondurre politiche e pratiche volte alla rimozione della povertà
e dell’impoverimento sociale, in quanto fattori che perpetuano le
disuguaglianze. Il rapporto fra diritti e povertà costituisce altresì
il tema del contributo affidato a Davide Guerzoni che, analizzando il
pensiero di Thomas Pogge, mette in evidenza l’interazione fra
malgoverno locale e ordine economico internazionale (con una critica
specifica all’impostazione del WTO), le cui discrasie mantengono
inalterate le condizioni di povertà estrema per una parte significativa
della popolazione mondiale, in ciò violando diritti umani fondamentali.
Segue uno studio di Letizia Mancini sulle
discriminazioni cui sono soggetti i Rom: l’analisi sviluppa una serie
di considerazioni sugli stereotipi anti-Rom dettati da semplificazioni
della realtà umana e da povertà culturali che affliggono non solo gli
individui, ma anche le amministrazioni locali e talune normative, ad
esempio sui campi, di fatto creando un “diritto ostile” contro un
intero gruppo etnico. Una pratica, questa, non soltanto italiana del
resto: anche se il fuoco di Mancini resta l’Italia, i comportamenti che
essa denuncia hanno profondamente segnato, ad esempio, gli eventi
collegati alle guerre di successione jugoslava del 1991-2001 e
condizionato gli ordinamenti giuridici degli stati successori (con il
beneplacito, spesso, degli USA e della UE), tanto che l’applicazione di
varie forme di “diritto ostile” costituisce tuttora uno dei fattori di
ostacolo alla riconciliazione.
Infine, il volume include uno studio su soggetti
migranti e neoschiavismo (Emilio Santoro), nonché tre ricchi saggi sui
diritti dell’infanzia e le loro ricorrenti violazioni o, meglio, sullo
sfruttamento sessuale dei bambini come forma di schiavitù (Marco
Scarpati), sui diritti dei minori stranieri (Nazzarena Zorzella), sul
sistema penale minorile e il diritto alla rieducazione e al
reinserimento sociale (Eufemia Milelli). In particolare, Santoro
affronta la questione mettendo in evidenza come la subordinazione dei
migranti e l’affermazione di condizioni di neoschiavismo dipendano più
dal quadro giuridico, ossia dagli ostacoli frapposti all’accesso ai
diritti e all’integrazione, che non da povertà o marginalità sociale.
Scarpati, Zorzella e Milelli convengono, dal canto loro, su quanto sia
importante che si affermino spazi giudiziari comuni fra Stati insieme
ad un impegno coerente nella pratica politica, al fine di combattere
efficacemente lo sfruttamento sessuale dei minori, l’abuso, il turismo
sessuale e la pedopornografia, così come fenomeni legati a povertà e
marginalità sociale (come, ad esempio, i matrimoni precoci). Nel caso
specifico dell’Italia, poi, l’analisi critica si sofferma sull’accesso
alla cittadinanza come diritto di libertà e all’istruzione, ma anche
alle forme di reinserimento sociale indispensabili a garantire
inclusione e rispetto dei diritti per soggetti particolarmente
vulnerabili, come i minori irregolari e, ancor più, quelli di loro che
hanno dovuto sperimentare le conseguenze dell’azione penale.
Nell’insieme, il volume offre ricchezza di spunti e
considerazioni rilevanti, che stimolano a riflettere sulla necessità di
riconoscere e affermare i diritti per tutti, in società
complesse e globalizzate come quelle in cui viviamo. Allo stesso tempo,
il richiamo alla “pluralità dei contesti”, vera e propria
espressione-chiave di questo libro, costituisce un punto di riferimento
essenziale per le odierne società meticcie, interdipendenti,
post-nazionali e internaute, cui la politica stenta drammaticamente ad
adeguarsi. In questo senso, il libro di Casadei contribuisce ad
illuminare – attraverso le deficienze che ancora affliggono il campo di
affermazione dei diritti umani – il processo di liquefazione in corso
dello stato-nazione (fondato sulla semplificazione e omogeneizzazione
gerarchica dei gruppi) anche sotto il profilo giuridico e della
filosofia del diritto, mentre nuovi legami, nuove forme di
comunicazione e di riconoscimento dei diritti delineano già ora inediti
modelli di interazione, eguaglianza e giustizia a partire dalla
pluralità.
In questa prospettiva assai utile può divenire una
riflessione più avanzata su ruolo, impatto, carenze e limiti dei
processi di integrazione europea in relazione ai diritti umani sia
all’interno degli Stati-membri, sia verso paesi candidati e terzi, ma
anche come espressione di un esercizio – potenzialmente di grande
rilievo internazionale – di soft-power, a sostegno dei soggetti
vulnerabili. Fra questi ultimi, andrebbe altresì incluso il variegato
popolo di LGBTIQ, giacché gli orientamenti sessuali costituiscono un
frangente importante nelle relazioni fra diritti, vulnerabilità e
violazioni: e, in effetti, il persistere di manifestazioni e
intimidazioni omofobiche è anch’esso, in larga misura, espressione, da
un lato, di povertà culturale e, dall’altro, di rigidità mentali
“tradizionali” destinate alla liquefazione, ma – come il patriarcato –
ancora ben radicate nelle nostre società.
La speranza è, dunque, che a questo volume seguano
ulteriori approfondimenti: il quadro delineato da questo affresco a più
mani mostra, infatti, vari aspetti problematici e i contorni di un
dibattito ancora molto aperto, ma evidenzia anche quanto l’intera
materia dei diritti umani sia in pieno movimento. In altre parole, le
cornici giuridiche e costituzionali, siano esse nazionali od
internazionali, vivono una fase di costante mutamento e ciò offre
comunque uno spazio, ancorché difficile e certamente contestato, in cui
le auspicate garanzie giuridiche a favore dei tanti soggetti
vulnerabili possono trovare quel riconoscimento che ad esse ancora
manca. Per raggiungere tale obiettivo, tuttavia, è necessario che la
tensione culturale e la pressione politica non vengano meno: ed è
compito del mondo accademico e di quanti sono attivamente impegnati
nella pratica politico-giuridica mantenere viva la sensibilità a
sostegno dei diritti umani per tutti i soggetti, come questo
volume, nel suo complesso, suggerisce.