2005

M. Augé, Fictions fin de siècle suivi de Que se passe-t-il?, Librairie Arthème Fayard, Paris 2000, trad. it. Finzioni di fine secolo seguito da Che cosa succede?, Bollati Boringhieri, Torino 2001, pp. 172

L'ultimo libro dell'antropologo Marc Augé ruota attorno al tema della finzione come evento che permea le nostre vite, sospeso tra ambiguità e ambivalenza. La finzione è una menzogna che traveste la realtà delle cose ma anche una narrazione di storie attraverso le quali ci diventa comprensibile ciò che accade e insieme non si esaurisce nell'una né nell'altra. Finzioni sono ad esempio gli 'avvenimenti mediatici', che vengono rievocati nella prima parte del volume, le storie imbastite dai media per raccontare gli eventi, in cui il carattere fittizio delle cornici narrative si mescola inestricabilmente con frammenti di autenticità: la partenza del Tour de France, la vittoria della Francia ai Mondiali di calcio, dove la moltiplicazione dell'avvenimento sportivo in una infinità di schermi e maxi-schermi dissimula un bisogno diffuso di condivisione, di 'andare verso gli altri'; la morte di Lady Diana e quella di John John Kennedy, che si contrappongono a un 'evento locale', come la morte dell'ex segretario del Partito Democratico della Costa d'Avorio Philippe Yacé, che può acquisire un significato solo nella ricostruzione retrospettiva della storia del continente africano.

La seconda parte, intitolata significativamente Spazi e memorie, rivela l'aspetto di finzione che è contenuto nell'attività dell'antropologo: finzione che riguarda sia le narrazioni di viaggio, i resoconti della vita sociale di culture remote, sia, e a maggior ragione, la costruzione a posteriori dell'identità dell'antropologo stesso, del suo percorso tra memoria e oblio che si snoda nel confronto con i racconti di coloro che l'etnologo interroga e ascolta. Questo processo di costruzione e ricostruzione è delineato in maniera esemplare nel secondo saggio, vera e propria 'finzione' autobiografica, in cui Augé traccia un possibile bilancio della propria maturazione di studioso attraverso le correnti dell'antropologia contemporanea. Si afferma in questo modo un registro sempre più personale nella scrittura: la rievocazione memoriale diventa l'espediente per filtrare le considerazioni dell'etnologo sulla trasformazione degli spazi nella Francia contemporanea, per riproporre l'endiadi 'spazi e memorie' dal punto di vista in prima persona dell'autore.

L'ultima sezione è intitolata al binomio di immagini e oggetti. Parlare di immagini equivale, nella prospettiva di Marc Augé a parlare soprattutto dell'eccesso di immagini che caratterizza la surmodernità, la condizione dell'Occidente contemporaneo. La proliferazione delle immagini, la loro infinita riproducibilità tecnica assedia l'immaginazione e svuota l'immaginario. Ad essa si oppongono soltanto la dimensione rituale dell'esperienza quotidiana e l'espressione artistica. La prima è indagata attraverso l'analisi dell'intersezione tra funzione e cultura nella sfera del design industriale. Ciò che è peculiare della cultura, nella sua opposizione alla funzione, è la sua attitudine a fare di un oggetto uno strumento di messa in contatto tra gli uomini. L'apporto simbolico assicurato dall'investimento della dimensione culturale 'opacizza' l'oggetto, lo sottrae al fluire senza senso delle immagini e assimila, agli occhi dell'antropologo, il designer al guaritore o all'indovino, a figure "che, insieme, tengono conto di un mondo circostante che conoscono bene e simultaneamente contribuiscono alla riproduzione delle caratteristiche che lo rendono interpretabile" (p. 103). In maniera non troppo diversa, nell'oggetto artistico e nel gesto iconoclasta dell'artista contemporaneo Augé legge una linea di resistenza al predominio delle immagini della cultura della globalizzazione, capace al limite di ristabilire le condizioni per una forma minima di legame sociale. Nella sua deliberata "messa in discussione di tutti gli a priori che definiscono il nostro ambiente e i nostri spazi" (p. 119), l'arte contemporanea acquista un'evidenza soprattutto politica, in quanto contrappunta la perdita di senso sociale e l'affievolirsi dei meccanismi di simbolizzazione, soppiantati dal senso illusorio che veicolano le immagini mediatiche.

Il breve testo che conclude il volume, Che cosa succede?, costituisce secondo le parole dell'autore un esempio di "letteratura sperimentale", il tentativo di registrare, attraverso la cronaca degli avvenimenti occorsi all'autore in tre giorni dell'anno duemila, alcuni indizi della transizione dal ventesimo al ventunesimo secolo. Impossibile non vedere queste pagine come un nuovo esempio di 'finzione', che conferma la costitutiva ambivalenza di questa categoria concettuale: la finzione come pharmakon, veleno e cura, chiave d'accesso al cuore del mondo contemporaneo.

Leonardo Marchettoni